La Milano-Torino è una di quelle corse che tutti possono sognare, un giorno, di vincere. Perché non appartiene a nessuno, non agli scalatori, non ai cacciatori di classiche, non ai velocisti. A seconda dell’annata e del contesto in cui è inserita, infatti, può sorridere a una tipologia di corridore o ad un’altra, motivo per cui negli anni ha visto affrontarsi tantissimi atleti con caratteristiche diverse. Basta guardare l’albo d’oro recente per rendersene conto, ci sono sprinter come Mark Cavendish e Arnaud Démare, ma anche corridori da Grandi Giri e classiche dure, come Primož Roglič e Thibaut Pinot.
Dal 2022 la corsa è tornata alla sua collocazione originale, qualche giorno prima della Milano-Sanremo, motivo per cui, altimetricamente parlando, è un po’ più dolce rispetto agli anni in cui, per esempio, l’arrivo era posto in cima alla salita di Superga. L’obiettivo può quindi essere duplice per chi prende parte alla MiTo, scaldare il motore in vista della Classicissima e provare a vincere una classica dal fascino e prestigio senza tempo, dal momento che è la più antica del calendario.
L’edizione del 2024 ricalcherà quella degli ultimi anni, sorridendo quindi agli uomini veloci, ma con qualche variabile in più, che potrebbe scompaginare i piani degli sprinter più puri. Si va da Rho a Salassa per 177 km, si attraversa l’alta pianura padana nella zona delle risaie toccando Magenta, Novara e Vercelli per portarsi quindi nel Canavese percorrendo le prime salitelle a Cossano Canavese e San Martino Canavese. Dopo Rivarolo Canavese, si passa una prima volta sotto il traguardo per iniziare un circuito di circa 44 km.
L’anello prevede due salite, non insuperabili, ma comunque da prendere con le pinze, soprattutto per gli sprinter. La prima, che verrà superata a 30 km dall’arrivo, va da Rivara a Prascorsano per un totale di poco più di 4 km, con la parte centrale che sale costantemente all’8-9%. Se dovesse venire affrontata a ritmo elevato, cosa non impossibile vista la vicinanza al traguardo, potrebbe fare davvero male a qualcuno. Dopo una breve discesa ci sarà una seconda asperità, sempre lunga 4 km ma con pendenze più docili, che porterà i corridori da Cuorgnè a Colleretto Castelnuovo. Chissà se qualcuno avrà voglia di fare una simulazione del Poggio, vista la lunghezza e la pendenza simili. Certo, sulle gambe non avranno 300 km ma 160, e all’arrivo mancheranno ancora 18 km. Però, chi lo sa…
Il finale, a seconda di quello che succederà in gruppo, potrà essere appannaggio delle squadre dei velocisti, che dovranno organizzare i propri treni, oppure degli attaccanti, che invece dovranno trovare l’accordo per provare ad arrivare a Salassa. Qualunque sia lo scenario che verrà a crearsi, sarà interessante e incertissimo.